Congedo straordinario Legge 104, il periodo di 2 anni potrebbe essere esteso

Il congedo straordinario previsto dalla Legge 104/1992 rappresenta una misura fondamentale di sostegno per lavoratori e lavoratrici che necessitano di assentarsi dal lavoro per assistere un familiare con disabilità. Questo strumento consente ai beneficiari di fruire di permessi di lavoro retribuiti, al fine di dedicarsi alle necessità di cura e assistenza del familiare disabile.

I beneficiari del congedo straordinario possono essere i genitori, il coniuge, i figli, i fratelli o le sorelle, nonché altri parenti o affini entro il terzo grado di parentela, dimostrando la necessità di assistenza continua non compatibile con la continuazione dell’attività lavorativa. Inizialmente ideato per offrire un supporto aggiuntivo ai genitori di figli con handicap in situazione di gravità, nel tempo la sua applicabilità è stata estesa a un più ampio numero di situazioni familiari.

La legge stabilisce che il congedo straordinario abbia una durata massima di due anni per l’intera vita lavorativa del richiedente. Questo limite temporale è inteso come complessivo per tutti gli aventi diritto per ogni persona con disabilità assistita, indipendentemente dal numero di lavoratori che potrebbero alternarsi nell’assistenza dello stesso disabile.

Una recente ordinanza del Tribunale di Treviso ha aperto alla possibilità di modifiche legislative riguardanti la durata e le modalità di fruizione del congedo straordinario. Sebbene le disposizioni attuali prevedano chiaramente i limiti e le condizioni per l’accesso a tale beneficio, le dinamiche familiari in continua evoluzione e le specifiche esigenze di assistenza potrebbero indurre il legislatore a considerare aggiustamenti normativi per garantire un sostegno più flessibile e adeguato alle necessità dei disabili e delle loro famiglie.

Il congedo straordinario si configura come uno strumento di vitale importanza per garantire il benessere dei disabili e sostenere le famiglie che si trovano ad affrontare sfide quotidiane nell’assistenza dei propri cari. La possibilità di dedicare tempo all’assistenza di un familiare con disabilità senza pregiudicare la propria situazione lavorativa e economica rappresenta un pilastro fondamentale delle politiche di inclusione sociale e di tutela dei diritti delle persone con disabilità e dei loro assistenti familiari.

L’ordinanza del Tribunale di Treviso del 10 gennaio 2024 ha rappresentato un momento significativo nel dibattito sul congedo straordinario previsto dalla Legge 104, focalizzandosi sulla rigida limitazione temporale di due anni per l’assistenza a un familiare disabile. La questione sollevata riguardava una lavoratrice che, avendo già sfruttato i due anni di congedo per assistere la madre, si vedeva negare la possibilità di accedere nuovamente al congedo per assistere il padre disabile, a causa delle restrizioni imposte dalla normativa vigente.

La difesa ha sottolineato come il congedo straordinario debba essere interpretato alla luce dei principi dello Stato sociale, mirando a ridurre il carico delle spese sociali sulla comunità e a fornire un supporto concreto alle famiglie che si trovano a gestire situazioni di disabilità.

La Corte Costituzionale, in precedenza, aveva già affrontato la tematica del congedo straordinario, evidenziando la necessità di un approccio più flessibile e adattabile alle diverse esigenze di assistenza, in risposta ai cambiamenti demografici e alle crescenti richieste di supporto da parte delle famiglie italiane.

La sentenza n. 203 del 18 luglio 2013 della Corte Costituzionale aveva posto l’accento sull’importanza di garantire un’assistenza adeguata, promuovendo un meccanismo di concessione del congedo capace di adattarsi alle variegate situazioni di bisogno.

L’ordinanza del Tribunale di Treviso potrebbe quindi fungere da catalizzatore per una revisione legislativa che preveda una maggiore flessibilità nel periodo massimo di congedo straordinario, consentendo ai lavoratori di gestire meglio le esigenze di assistenza di più familiari disabili nel corso della propria vita lavorativa.

Questo cambiamento normativo si inserirebbe in un contesto più ampio di evoluzione del welfare e della tutela sociale, con l’obiettivo di fornire un sostegno più efficace e inclusivo alle famiglie che si trovano ad affrontare le sfide quotidiane legate alla disabilità.