Assegno di inclusione, l’INPS chiede la restituzione ad alcune famiglie

Ricevere l’Assegno di inclusione senza averne diritto può comportare gravi conseguenze. Non solo si rischia di perdere il beneficio, ma nei casi più gravi l’Inps potrebbe richiedere la restituzione delle somme ricevute indebitamente. Anche se, con la transizione dal Reddito di cittadinanza all’Assegno di inclusione, non si verifica più la decurtazione automatica dei fondi residui dopo 30 giorni dall’erogazione, le sanzioni per chi cerca di approfittarsi indebitamente del sistema rimangono in vigore.

Infatti, l’omissione di informazioni rilevanti per ottenere o mantenere questo sostegno finanziario può portare l’Inps a chiedere indietro i soldi versati durante il periodo di inadempienza.

Le somme coinvolte possono essere considerevoli, motivo per cui è fondamentale evitare errori. È utile conoscere le situazioni che possono portare a questa temuta sanzione, lasciando le famiglie senza supporto economico e con un debito significativo nei confronti dell’Inps.

L’Assegno di inclusione è un sostegno economico vitale per molti, ma può trasformarsi in un debito qualora venga percepito senza averne diritto. Il Decreto legge n. 48 del 4 maggio 2023, poi convertito nella legge n. 85 del 3 luglio, stabilisce chiare sanzioni per chi non adempie agli obblighi informativi previsti nei confronti dell’Inps.

Tra queste, la più grave è la possibilità di incorrere in sanzioni penali, inclusa la reclusione da due a sei anni per l’uso di dichiarazioni o documenti falsi per ottenere il beneficio, o l’omissione di informazioni essenziali. In questi casi, oltre alla pena detentiva, si prevede anche la restituzione dell’intero importo ricevuto e la revoca del beneficio con effetto retroattivo.

Anche la mancata comunicazione di variazioni significative del reddito o del patrimonio familiare può comportare reclusioni da uno a tre anni, con conseguenze finanziarie dirette per il beneficiario, che sarà tenuto a restituire l’importo indebitamente percepito.

Esistono, tuttavia, scenari meno gravi, come nel caso di chi avrebbe avuto diritto all’Assegno di inclusione ma ha presentato dati non veritieri per ottenere un importo maggiore: qui, la restituzione si limita all’eccedenza percepita, sebbene il beneficio venga comunque revocato.

In sintesi, le circostanze che obbligano alla restituzione dell’Assegno di inclusione includono:

  • Non segnalare un’attività lavorativa retribuita oltre i 3.000 euro annui da parte dei membri del nucleo familiare, sia essa regolare o “in nero”.
  • Omettere di comunicare l’inizio di un’attività lavorativa durante il periodo di erogazione del beneficio, con redditi superiori ai 3.000 euro.
  • Dichiarare un nucleo familiare ai fini ISEE diverso da quello reale.
  • Non informare sull’avvenute dimissioni nei dodici mesi antecedenti la richiesta.
  • Falsificare informazioni, ad esempio nascondendo beni quali auto, moto o imbarcazioni che precludono l’accesso all’Assegno.
  • Non dichiarare il superamento dei limiti patrimoniali stabiliti, ad esempio a seguito di eredità, donazioni o vincite.

La trasparenza e la correttezza nelle comunicazioni con l’Inps sono quindi essenziali per evitare conseguenze legali e finanziarie.

Esistono sanzioni meno gravi nell’ambito dell’Assegno di inclusione, che non implicano la restituzione delle somme già ricevute, ma comportano comunque la perdita del diritto a questa prestazione. Queste sanzioni scattano quando uno o più membri del nucleo familiare non aderiscono alle politiche attive previste dalla normativa.

Queste azioni, o meglio, mancanze d’azione, includono:

  • Non presentarsi ai servizi sociali entro 120 giorni dalla sottoscrizione del Patto di attivazione digitale, anche in mancanza di una convocazione formale.
  • Rifiutare di firmare il Patto di inclusione con i servizi sociali o il Patto di servizio personalizzato con i servizi per il lavoro.
  • Non partecipare a iniziative di formazione, riqualificazione o altre attività inserite nel Patto di inclusione o nel Patto di servizio personalizzato, volte alla reintegrazione nel mercato del lavoro.
  • Evitare di iscriversi o frequentare corsi di istruzione per adulti di primo livello, necessari per adempiere all’obbligo di istruzione.
  • Rifiutare un’offerta di lavoro giudicata congrua secondo i criteri stabiliti.

In queste situazioni, il beneficiario perde immediatamente il diritto all’Assegno di inclusione. Tuttavia, a differenza dei casi di percezione indebita, qui non si prevede la restituzione delle somme già percepite, rendendo queste sanzioni meno punitive ma comunque significative per disincentivare la non partecipazione attiva alle iniziative di inserimento o reinserimento lavorativo.