Laureati: nel 2016 in 16.000 all’Estero, tornati solo 5.000

Il 15 Dicembre l’Istat ha pubblicato il suo rapporto annuale sul Benessere equo e sostenibile, il rapporto analizza la capacità dell’Italia di favorire prospettive di occupazione altamente qualificata per i laureati italiani, e ciò che emerge dal rapporto è una situazione davvero molto precaria per i giovani laureati italiani che nel nostro paese hanno davvero poche possibilità di affermarsi e di emergere e per questo sono costretti ad andare all’estero.

Secondo il rapporto dell’Istat nel corso del 2016 ben 16 mila laureati italiani tra i 25 e i 39 anni hanno lasciato il nostro paese, di questi 16.000 solo 5.000 hanno fatto rientro in Italia, in pratica nel 2016 su tre laureati andati via solo uno ne ha fatto rientro, segno tangibile che riescono ad avere maggiori possibilità di lavoro e di emergere all’estero e proprio per questo non tornano più nella loro patria.

Scarseggiano le occupazioni qualificate per laureati

Il rapporto dell’Istat mette in evidenza le scarse capacità dell’Italia nel favorire prospettive di occupazione altamente qualificata per i laureati, aumentata anche la disuguaglianza, nel 2016 l’incidenza della povertà assoluta, più che raddoppiata durante la crisi, si è mantenuta su valori elevati (7,9%) ed è ulteriormente aumentata tra i minori (12,5%, corrispondente a 1 milione 292mila) mentre gli anziani si confermano il gruppo meno fragile (3,8%)”.

L’Ansa ha messo in parallelo questi dati con quelli dell’Ocse sugli squilibri nel mercato del lavoro in Italia: nel nostro Paese, scrive l’organismo parigino, “i titoli di studio e le qualifiche danno un’indicazione molto debole delle reali competenze e abilità degli studenti e dei lavoratori che li possiedono”, afferma l’organizzazione in un rapporto sulle “giuste competenze”. E questo rende il processo di selezione e assunzione, da parte delle imprese, “particolarmente difficile”, specie nei casi di giovani laureati e con poca esperienza.

In Italia troppi lavoratori impegnati su professioni diverse dagli studi

Altro dato che fa molto riflettere è quello riguardante il percorso di studi e l’effettivo lavori poi svolto, secondo i dati il 35% circa dei lavoratori italiani svolge professioni del tutto diverse della formazione scolastica e dal percorso accademico che hanno svolto, questo influisce anche sui salari dei lavoratori che hanno una perdita media salariale del 17% circa rispetto a coloro che si specializzano in un’area con chiare opportunità occupazionali.

Ecco perché per l’Ocse occorre allineare le competenze con le esigenze del mercato del lavoro: “è un obiettivo fondamentale per aumentare la produttività e il benessere di tutti gli italiani”.

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