Bonus Carta del Docente, anche ai precari secondo 2 sentenze 2023

Il Bonus Carta del Docente da 500 euro è un sussidio riservato ai docenti di ruolo e non ai precari supplenti, questo dice la normativa che regola il funzionamento del sussidio, di diverso avviso due recenti sentenze che hanno invece dato ragione a due docenti precari che sono ricorsi al giudice per far valere le loro ragioni, ovvero, di poter beneficiare anche loro del Bonus nonostante abbiano un contratto di lavoro a tempo determinato, quindi da precari.

Bonus Carta del Docente, anche ai precari secondo due sentenze 2023

Da anni si discute sulla possibilità di estendere il Bonus Carta del Docente da 500 euro da impiegare per la formazione e l’aggiornamento del docente anche agli insegnanti precari, che non hanno un contratto a tempo indeterminato, infatti la normativa che regola questo sussidio prevede che il pagamento di tale Bonus a cadenza annuale sia riservato solo ai docenti che hanno un contratto a tempo indeterminato.

Queste due ultime sentenze che invece vanno in favore dei docenti precari non solo certamente le uniche, infatti nel corso degli anni sono stare diverse le sentenze tutte in favore dei docenti precari, di fatto oggi se un docente precario vuole ottenere il Bonus la strada giuridica è l’unica percorribile, ma ovviamente non tutti gli insegnanti sono disposti ad intraprenderla.

Le ultime due sentenze arrivano da un giudice di Prato è sono state emesse il 15 marzo 2023 e riguardano la vicenda di due docenti precari che si sono rivolti al giudice per poter ottenere anche loro il Bonus da 500 euro come i colleghi che invece hanno un contratto a tempo indeterminato.

Le due sentenze sono la numero 48 e 49 è sono state emesse in favore di 2 docenti ricorrenti che chiedevano di riconoscere loro il diritto ad avere la carta del docente al pari dei colleghi di ruolo.

I 2 docenti avevano presentato circa 1 anno fa ricorso, alla base del ricorso presentato c’era la rivendicazione dei due docenti che il loro operato fosse del tutto uguale ai docenti di ruolo e che quindi non vi fossero motivi per creare una discriminazione in base alla durata del contratto di lavoro.

Il giudice ha accolto il ricorso presentato dai docenti affermando che anche loro spetta il bonus carta del docente da 500 euro da poter investire in formazione e per acquistare gli strumenti necessari a portare avanti il lavoro nella scuola.

Nonostante queste due ultime sentenze che vanno ad aggiungersi alle altre accumulate nel tempo, la posizione del Ministero dell’Istruzione resta sempre la stessa, secondo cui il differente trattamento tra docenti di ruolo e docenti precari si basa sui principi di economicità ed efficienza delle pubbliche amministrazioni.

Per evitare che i docenti ricorrano alla giustizia il Ministero dovrebbe introdurre una norma che riconosca a tutti i docenti l’accesso alla carta del docente, considerando che vi sono precari che svolgono la professione da anni grazie alla prima fascia delle Graduatorie provinciali delle supplenze (Gps), quelle di chi ha l’abilitazione, ma non è di ruolo.

Ricordiamo che questo bonus svolge una funzione molto importante per i docenti poichè consente loro di:

  • iscriversi a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, effettuati da enti accreditati presso il ministero dell’Istruzione e del merito;
  • iscriversi a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, oppure a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale;
  • acquistare libri, testi anche in formato digitale, pubblicazioni e riviste comunque utili all’aggiornamento professionale;
  • acquistare prodotti hardware (come tablet o pc) e software;
  • acquistare i biglietti per rappresentazioni teatrali e cinematografiche;
  • acquistare biglietti per accedere a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo;
  • partecipare a iniziative coerenti con le attività individuate nel quadro del Piano triennale dell’offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione, di cui si trova traccia nella citata legge n. 107 del 2015(Buona Scuola).