Polizia fa lezione alla scuola Diaz, studenti insorgono, “Fuori dalle nostre aule”

A quasi ventitré anni di distanza dagli eventi tragici che hanno segnato il G8 di Genova nel 2001, la città è nuovamente teatro di uno scontro simbolico che evoca quei momenti bui. Questa volta, al centro della controversia c’è l’Istituto comprensivo Diaz-Pertini-Pascoli, dove la decisione del dirigente scolastico Alessandro Cavanna di permettere l’accesso alla polizia durante una giornata dedicata all’orientamento lavorativo per gli studenti post-maturità ha scatenato le proteste del collettivo studentesco Pertini.

Gli studenti hanno manifestato il loro disappunto attraverso striscioni e volantini, con slogan come “Fuori la polizia dalla Diaz”, contestando la presenza delle forze dell’ordine nell’ambito scolastico e rievocando gli echi dolorosi della notte del 21 luglio 2001, quando un’azione della polizia nella scuola Diaz, usata come dormitorio da attivisti e giornalisti del Genoa Social Forum, si trasformò in quello che fu definito come una “macelleria messicana” dal vice questore Michelangelo Fournier.

Quella notte, l’irruzione di centinaia di agenti portò al ricovero ospedaliero di 63 persone, con lesioni di varia gravità.

La protesta degli studenti sottolinea una ferma opposizione alla “militarizzazione delle scuole” e un appello alla libertà di espressione, ricollegandosi agli episodi recenti di scontri tra polizia e studenti in altre città italiane come Pisa, Firenze e Napoli. Gli slogan e i cartelli esposti mirano a ribadire il rifiuto di normalizzare la presenza della polizia in contesti educativi, soprattutto in un istituto che porta il nome di figure simbolo di libertà e resistenza, come Pertini.

La reazione della comunità studentesca di Genova non è solo una protesta contro una decisione amministrativa locale ma si inserisce in un contesto più ampio di richiesta di tutela degli spazi di libertà e di espressione nel sistema educativo e nella società. La memoria degli eventi di Genova nel 2001 resta viva nelle coscienze, evidenziata dalle condanne in Cassazione a carico di alti dirigenti di polizia per la violenza e la fabbricazione di accuse false relative a quella notte, una vicenda che, come ricordato dalla Suprema Corte, ha gettato discredito sull’Italia agli occhi del mondo.

La situazione attuale nell’Istituto Diaz-Pertini-Pascoli invita quindi a una riflessione sul significato di spazi educativi come luoghi di formazione, dialogo e confronto aperto, lontani da logiche di repressione e controllo.

In un contesto di tensione e memoria storica come quello che avvolge l’Istituto comprensivo Diaz-Pertini-Pascoli di Genova, la decisione di includere una presentazione sulle carriere nelle forze dell’ordine durante una giornata di orientamento lavorativo ha acceso gli animi degli studenti, determinati a esprimere il proprio dissenso.

La vicinanza simbolica con gli eventi traumatici del G8 del 2001 ha infatti reso la scuola un luogo altamente sensibile a questioni legate alla presenza delle forze di polizia, specialmente in un ambiente educativo che si propone di essere uno spazio di pace, accoglienza e pensiero critico.

Il presidente della scuola, sorpreso dalla reazione degli studenti, ha cercato di chiarire la situazione, sottolineando che non vi era l’intento di far “fare lezione” da parte della polizia, ma piuttosto di offrire una panoramica su diverse opportunità professionali, inclusa quella delle forze dell’ordine, tramite la presenza di formatori in abiti civili e non di agenti in divisa.

Questa precisazione, tuttavia, non ha placato gli spiriti, con il collettivo studentesco Pertini che ha ribadito la propria opposizione alla militarizzazione delle scuole e alla normalizzazione della presenza poliziesca in contesti educativi.

La situazione a Genova riflette una tensione più ampia tra le istituzioni educative e le comunità studentesche in Italia, in un momento storico di rinnovato impegno civico e politico tra i giovani.

La solidarietà espressa dalla Rete studentesca nazionale sottolinea come il caso di Genova non sia isolato, ma faccia parte di un dialogo più ampio su come le istituzioni dovrebbero interagire con gli studenti e sul ruolo dell’educazione civica nelle scuole.

L’episodio solleva questioni fondamentali sulle modalità di coinvolgimento delle forze dell’ordine in iniziative scolastiche, sulla comunicazione tra dirigenti scolastici e comunità studentesca e sull’importanza di contesti educativi che favoriscano un dibattito aperto e costruttivo. Il desiderio degli studenti di promuovere ambienti scolastici come luoghi di pace e di pensiero critico emerge come un obiettivo condiviso che richiede dialogo, ascolto e comprensione reciproca tra tutte le parti coinvolte.