Detenuti, su 60mila 1.200 fanno l’Università: accordo tra Rai e ministero della Giustizia per portare 1.800 ore di video-lezioni in 190 carceri – Il numero di detenuti negli istituti penitenziari italiani che mostrano interesse per l’educazione e la formazione non è affatto trascurabile. In Italia, infatti, uno degli obiettivi fondamentali della detenzione è il recupero dell’individuo e la sua reintegrazione nella società una volta espiata la pena. È importante ricordare che l’articolo 34 della Costituzione Italiana, che stabilisce l’obbligatorietà e la gratuità dell’istruzione inferiore per almeno otto anni, si applica anche ai detenuti.
Di conseguenza, diverse migliaia di detenuti sono iscritti a corsi di studio che spaziano dall’istruzione primaria a quella superiore. Nei penitenziari più grandi, come quello di Rebibbia a Roma, esistono vere e proprie scuole statali, con insegnanti di ruolo e supplenti che si recano nelle aule carcerarie per impartire lezioni. Molti detenuti seguono questi corsi con risultati eccellenti, tanto che eccellere negli studi, unitamente a una buona condotta, può talvolta contribuire a ottenere sconti di pena.
Il coinvolgimento dei detenuti nell’istruzione universitaria non è un caso isolato. Per dare un’idea della portata di questo fenomeno, si stima che più di 1.200 detenuti, quasi esclusivamente uomini, di cui una ventina in regime di 41 bis, su un totale di circa 60.000, siano iscritti a corsi universitari e partecipino agli esami.
Secondo il rapporto di Antigone, il livello culturale dei detenuti non è così basso come potrebbe sembrare a prima vista, soprattutto se confrontato con decenni passati: nel 2021, solo il 2,9% dei detenuti risultava analfabeta, il 2,2% non possedeva alcun titolo di studio e solo il 17,5% aveva come massimo titolo di studio la licenza media.
Anche il ministero della Giustizia ha riconosciuto questo interesse per l’istruzione tra i detenuti, tanto da presentare il 1° febbraio nella casa circondariale di Civitavecchia (Via Aurelia nord km 79,500, Roma) il programma “Scuola esercizio di libertà”. Questo progetto prevede oltre 1.800 ore di video-lezioni facenti parte della serie “La Scuola in tivù”, prodotte dalla Rai e destinate ai 20.000 studenti detenuti nei 190 istituti penitenziari italiani.
L’iniziativa, che include anche la distribuzione di 400 computer alle sedi penitenziarie, nasce da un accordo tra il ministero e la Rai. È parte del progetto più ampio “La Cultura rompe le sbarre”, inserito nell’ambito di Rai Per la Sostenibilità-ESG.
All’evento di presentazione del progetto saranno presenti il ministro della Giustizia Carlo Nordio, la presidente della Rai Marinella Soldi, il capo del Dap Giovanni Russo, il direttore di Rai per la Sostenibilità Roberto Natale, la direttrice di Rai Cultura Silvia Calandrelli e la direttrice del carcere Patrizia Bravetti.
I 400 computer, dotati di un software specifico, permetteranno alla Rai di rendere accessibili offline le video-lezioni realizzate da Rai Cultura per Rai Scuola agli studenti detenuti, i quali spesso non possono accedere a Internet. Queste lezioni saranno organizzate per materie e livelli scolastici, facilitando il processo di apprendimento.