Secondo un indagine i lavoratori italiani sono i più stressati al mondo, ecco i dati

L’indagine effettuata da Telus Health, un rinomato fornitore di soluzioni tecnologiche nel settore sanitario con base in Canada, ha prodotto un report globale riguardante lo stato di benessere dei lavoratori a livello mondiale. Riguardo all’Italia, la situazione appare preoccupante, e ciò influisce notevolmente anche sull’ambiente scolastico. In termini di salute mentale, la Polonia registra il punteggio più basso (55,5), seguita da Spagna (57,1), Italia (58,4), Francia (62,3) e Germania (64,2).

Nonostante una diminuzione di 2,1 punti rispetto ad aprile 2023, i Paesi Bassi mantengono il punteggio più alto per la salute mentale (69,0). È stato osservato un miglioramento nella salute mentale in Polonia e Francia, mentre i punteggi sono peggiorati in Paesi Bassi, Germania, Italia e Spagna.

Un altro aspetto importante da sottolineare è una recente decisione della Corte di Cassazione civile italiana, sentenza n. 2084 del 19 gennaio 2024, che ribadisce un principio già espresso in precedenza, come nella sentenza n. 3291 del 19 febbraio 2016.

Secondo l’art. 2087 del codice civile, così come interpretato alla luce del diritto costituzionale alla salute (art. 32 della Costituzione) e dei principi di correttezza e buona fede (articoli 1175 e 1375 del codice civile), che dovrebbero guidare anche i rapporti di lavoro, è emerso l’obbligo per il datore di lavoro di “proteggere l’integrità fisica e morale dei lavoratori”.

Questo include l’adozione di misure “atipiche” per la sicurezza e salute dei lavoratori, come quelle necessarie nell’organizzazione tecnico-operativa del lavoro per prevenire qualsiasi potenziale danno, inclusi gli attacchi derivanti da attività criminose di terzi (vedi anche Cass. 22 marzo 2002, n. 4129). Tale quadro di principi, anche costituzionali, sottolinea che la tutela dell’integrità psicofisica del lavoratore è imprescindibile, indipendentemente da fattori come ineluttabilità, fatalità, fattibilità economica e produttiva, nella creazione di un ambiente di lavoro sicuro.

Ciò comporta anche l’obbligo per il datore di lavoro di evitare iniziative, decisioni o comportamenti che possano ledere la moralità del lavoratore, come la creazione di condizioni di lavoro stressanti o non conformi ai principi ergonomici, oltre a comportamenti più gravi come mobbing, straining, burnout, molestie, stalking, alcuni dei quali possono avere rilevanza penale (come affermato anche dalla Corte costituzionale, vedi ad esempio la sentenza n. 359 del 2003 e Cass. 5 novembre 2012, n. 18927).

Nel loro rapporto si evidenzia che in Italia, il lavoratore:

Il 45% si sente ansioso
Il 35% si sente depresso
Il 32% si sente isolato
Il 29% non si sente ottimista riguardo al proprio futuro
Il 27% afferma che la propria salute mentale ha un impatto negativo sulla produttività lavorativa
Il 23% non dispone di risparmi di emergenza per coprire i bisogni di base
Il 37% ha diagnosticato ansia, depressione o altri disturbi mentali
Il 28% soffre di ansia, depressione o altri disturbi mentali non diagnosticati che stanno compromettendo la loro salute
Il 7% ha utilizzato i propri benefici per servizi psicologici
Il 12% apprezza maggiormente i servizi psicologici
Il 29% preferisce una settimana lavorativa di 5 giorni con la possibilità di lavorare in remoto
Il 30% afferma che un migliore sostegno al benessere è più importante di un aumento del 10% dello stipendio
Il 51% si sente più sensibile allo stress rispetto a prima della pandemia
Il 49% afferma che i propri colleghi sono più sensibili allo stress rispetto a prima della pandemia
Il 17% dichiara che il volume di lavoro è la principale fonte di stress lavorativo
Il 9% sta pensando di lasciare il lavoro
Il 22% sta pensando di lasciare il proprio lavoro per un lavoro/carriera migliore o per maggiori benefici